Umberto Perin, classe 1921, sposato con la signora Vittoria Sedran dal 1951 con la quale ha avuto tre figli, oggi tutti felicemente sposati.

Fu chiamato sotto le armi nel Natale del 1940; si presentò al Distretto di Sacile e due settimane dopo fu assegnato al Batt. Val Tagliamento nell'8° alpini. Partì subito per Gemona, venne armato e dotato della divisa militare ed infine inviato al Batt. Tolmezzo bis con destinazione Tarcento. Il Giovedì Santo dell'aprile 1941 prestò giuramento e nello stesso giorno fu inviato nei pressi di Tarvisio. Ha un ricordo molto bello della partenza, perché, se brutto era il tempo meteorologico, bellissimo era l'entusiasmo delle popolazioni locali, che, tra piogge di fiori e continui battimani, salutarono gioiosamente gli alpini. Superata Tarvisio, Umberto e i suoi commilitoni continuarono la marcia attraversando il fiume Sava presidiando per una quindicina di giorni Moistrana e Dovie. Rientrati in Italia a Campobasso vi rimasero per tre mesi, per poi ripartire per Brindisi alla volta dell’Albania. Verso la fine di agosto dello stesso anno, il bravo Perin raggiunse il Batt. Tolmezzo a Corinto con il compito di presidiare la zona di Corinto stessa e di fare la guardia al ponte del canale di Corinto. In quel periodo si prese la malaria e fu trasferito all’ospedale di Lutraki; il rientro in Italia avvenuto nel febbraio del 1942 fu un po' sgradevole e anche pericoloso perché le acque dell'Adriatico erano affollate di sottomarini nemici. Finalmente arrivato a Bari fu ricoverato presso l'ospedale Pio X e poi trasferito a Foggia; fu dimesso nell’aprile del 1942 con una licenza dì convalescenza di trenta giorni, ma nel maggio dello stesso anno fu nuovamente ricoverato in ospedale e precisamente presso quello di Udine. I primi di agosto del 1942, rientrato nel reparto, raggiunse Cormons e una tradotta militare attraverso Tarvisio, Villach, Baviera e Polonia, arrivò a Varsavia. Un ricordo doloroso gli rimane ancora oggi impresso nella memoria: alla stazione di Varsavia uomini, donne e bambini denutriti erano costretti a svolgere i lavori più pesanti e avvilenti, controllati dai tedeschi con le armi puntate su di loro. Sui volti di quella povera gente vide il dolore, la disperazione e tanta fame. Gli alpini, con la loro conosciuta generosità, racconta Umberto, si prodigarono a proprio rischio e pericolo a fornire loro qualche cosa da mangiare; erano ben visibili e ben individuabili queste povere persone che di umano ormai avevano ben poco; con la loro casacca gialla e la stella di David appuntata sopra. Proseguirono il viaggio attraverso Izjum, arrivarono a Saprina nei primi giorni di ottobre, dove si diedero subito da fare tagliando e accumulando tronchi ed altro materiale per costruire ì rifugi, i camminamenti, ecc.. L'11 dicembre 1942 i russi sferrarono violenti attacchi con forze rilevanti, che i nostri, malgrado la tenacia caparbietà, grinta ed eroismo, non riuscirono a contrastare. Ritirandosi verso Novo Kalitwa riuscirono, anche con l'aiuto del magnifico Batt. Cervino, a sottrarsi all’accerchiamento. In quel periodo Umberto fu ferito ad una gamba da un autocarro nemico, ma essendo cosa lieve ritornò presto al fronte. “Furono i giorni tremendi del dicembre 1942, quando il fuoco devastante delle Katuscie delle artiglierie russe si abbatté su di noi”; il gelo fu l'orribile complice di una guerra già di per sé straziante e Umberto in simili condizioni subì il congelamento ai piedi e alle mani. Fu trasportato all'ospedale di Rossosch e poi a quello tedesco di Leopoli evitando così la travolgente avanzata russa. L'amico Perin ricorda i propri amici, tanto cari ed irrimediabilmente persi. Da Leopoli attraversò la Polonia e l'Austria giungendo a Tarvisio e da qui inviato all'ospedale militare di Salsomaggiore; dopo ricoveri ospedalieri, licenze di convalescenza più o meno prorogate, fu accolto nei reparti menomati di Adorgnano di Tricesimo e poi a Drenchia. Era ormai il 10 settembre 1943, quando Umberto con i suoi amici alpini consegnò le armi ai partigiani. Umberto durante il colloquio ha più volte ripetuto quanta sia la sua gratitudine all'eterno Iddio per aver sempre vegliato su di lui nelle trascorse vicissitudini; è proprio vero che nella vita tutti, chi più chi meno siamo costretti a dire una preghiera. L’amico e nostro socio alpino Umberto per quegli anni difficili e incancellabili ricevette dal Ministero della Difesa le decorazioni della Croce di Guerra della Campagna di Russia e d'Albania.


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