IL GRUPPO E' INTITOLATO AL SERGENTE MEDAGLIA D’ARGENTO

ROMOLO MARCHI

CADUTO IN RUSSIA

Partiti da San Giovanni al Natisone il 10 agosto 1942
Romolo Marchi Romolo, nella foto con la bandiera
con Dante Fracassi alla sua destra
(Dante è andato avanti il 3 febbraio 2010)

 

1947 – Julia Marchi, accompagnata dal dott. Guido Scaramuzza, Presidente sezionale,
riceve la medaglia d’argento al V. M. alla memoria del padre Romolo

 

Si riporta il ricordo della figlia Julia (Madrina del gruppo) di Romolo Marchi quale figura di uomo, di padre, di alpino e di eroe italiano.

Mi è stato chiesto di scrivere alcuni pensieri per poter presentare e far conoscere a chi leggerà, la persona di Romolo Marchi, mio padre. Non è  facile per me, non l’ho mai conosciuto ed ogni volta che cerco di riunire i ricordi mi prende l’angoscia e, ciò che posso dire è solo quello che mi è stato raccontato dalla mamma, da parenti ed amici.

 

La famiglia Marchi ha dato alla Patria tre dei suoi figli: Aldo di Emilio, Antonio di Ghino, cui è intestata la Sezione A.N.A. di Pordenone, e Romolo, l’unico sposato con due bambini.

 

Nato il 22.4.1912 ad Aviano, ultimo di quattro fratelli, figlio di Mario e Giuseppina Orso, era un ragazzo esuberante, sereno, sempre pieno di entusiasmo, gran sportivo, praticava il calcio, l’atletica, lo sci, il nuoto e molti altri sport; non alto di statura ma con alti valori nel proprio cuore, stimato e cercato dai propri compagni di gioventù, sempre disponibile con tutti, di animo molto buono, adorava i suoi genitori, la moglie ed i figli, ed amava la Patria, la sua Italia.

 

Dopo aver studiato ragioneria era entrato nella ditta del padre ed aveva iniziato a lavorare come un qualsiasi dipendente.

 

Chiamato alla leva nel 1932 a Udine come Alpino della Julia, Battglione Gemona, trovò in quell’ambiente la realizzazione dei suoi valori.

 

Si sposò nel 1937 con Lisetta Pupin ed ebbe Piero, nato il 3.6.1938 e Julia, nata il 2.2.1942.

 

Richiamato a Tarcento, partì per la Russia sventolando il tricolore il 10.8.1942, quando io avevo solo sei mesi.

Essere Alpino, essere Italiano era per lui un onore ed ha vissuto la lontananza dai suoi cari come un dovere naturale, come l’obbedienza ai propri superiori, valori che oggi non esistono più.

 

Si distinse in Russia per la bontà verso i commilitoni, per generosità d’animo e per il valore militare che l’ha portato a morire in combattimento per la difesa di una postazione. È medaglia d’argento al Valor Militare, ma per me è mio padre, un padre che non sento come Eroe: sono tutti Eroi quelli che hanno partecipato alla campagna di Russia.

 

Scriveva alla moglie:

“… abbiamo fatto 250 chilometri a piedi, se tu vedessi questi magnifici Alpini, molti sono reduci dalla campagna di Grecia, ex congelati e feriti. Nessuno parla, si cammina, si tira avanti, sempre avanti, si è contenti, si ride, si canta quando si può. Si stringono i denti, qualche moccolo per condimento ma ancora … sempre avanti. Sono gli Alpini, gli Alpini della Julia, che vogliono … e quando vogliono … passano! Pensatemi contento, con una bella barba nera e con una penna di Alpino sul cappello, smozzicata sì, ma sempre ritta …”

È stato scritto che coloro che hanno saputo sacrificare la propria vita per un nobile ideale non sono mai morti.

Lui non è tornato!

 

Gli Alpini che hanno lasciato in terra di Russia i migliori commilitoni, i Reduci, tra le cui braccia sono spirati i compagni delle ore più dure ma anche più belle, Li ricorderanno con un dolore continuo che porteranno sempre nel cuore. Gli Alpini erano, sono e saranno così: generosi, franchi, pieni di ogni ardire, disposti a dare tutto senza nulla chiedere. Questi sono gli Alpini che ho conosciuto, che hanno indicato la strada che si dovrebbe percorrere per costruire un futuro migliore per i nostri figli.

 

Julia Marchi